Non è un mistero che i rapporti tra il rieletto primo ministro britannico Boris Johnson e gli ambientalisti non siano eccellenti: la campagna di Johnson, che ha vinto le elezioni con larghissimo margine riportando i conservatori ai fasti di Margaret Thatcher degli anni ’80, ha dato pochissimo spazio a iniziative dedicate all’ambiente. Le urne hanno dato ragione a Johnson che non solo ha vinto ma va a dominare in Parlamento con una maggioranza assoluta che vede un solo seggio ai verdi. Tuttavia Johnson nel corso della sua campagna elettorale è andato avanti a testa bassa rifiutando qualsiasi confronto sul tema ambientale e insistendo soprattutto sugli argomenti che riteneva più forti e vicini al suo elettorato, a cominciare dalla Brexit. Evidentemente ha avuto ragione lui perché le urne gli hanno riservato un vero e proprio plebiscito.
Il confronto tra Johnson e gli ambientalisti è destinato a continuare
Tuttavia gli ambientalisti del Regno Unito hanno intenzione di tenere sotto pressione Johnson che sta allestendo la squadra di governo e che sicuramente riconfermerà come segretaria all’ambiente Theresa Villiers. Rebecca Newsom è la portavoce di Greenpeace UK ed è stata la prima a criticare apertamente il programma di Johnson parlando di un manifesto pieno di buchi e incoerenze sul fronte ambientale e incapace di rispondere alle crescenti preoccupazioni della gente soprattutto sul fronte del riscaldamento globale. Significativa l’iniziativa degli ambientalisti che hanno immediatamente recapitato al presidente Johnson una lettera nella quale ricordano tutte le emergenze che riguardano il Regno Unito. “I prossimi cinque anni saranno decisivi per trovare una soluzione di fronte all’emergenza climatica – dice Rebecca Newsom – a Johnson e al suo governo chiediamo immediatamente un investimento del 5% del proprio budget per avviare programmi che riducano davvero e considerevolmente l’emissione di CO2”.
Nonostante un solo seggio, i verdi britannici crescono
Boris Johnson era stato duramente criticato in campagna elettorale per aver disertato un dibattito pubblico televisivo che vedeva al centro dell’argomento l’ambiente e l’emergenza climatica. Tuttavia il programma di governo conferma l’impegno di Johnson per azzerare il saldo di CO2 entro il 2050: una conferma rispetto a quanto già pianificato dal precedente governo di Theresa May. Il risultato di Johnson è stato comunque trionfale, al punto da ridimensionare il clamoroso dato degli ambientalisti che hanno ottenuto 850mila voti, più di mezzo milione di preferenze rispetto alle elezioni di due anni fa che tuttavia hanno fruttato un solo seggio. Sian Berry, uno dei portavoce del Green Party incassa il consenso ma chiama tutto il mondo ambientalista a una presa di posizione ancora più ampia: “Abbiamo ottenuto un grande risultato perché questa era un’elezione indubbiamente influenzata dal problema ambientale e del clima globale. Se Johnson vuole davvero risolvere il problema deve alimentare a suon di investimenti una vera e propria rivoluzione che parta da una linea di trasporti locali efficace e non impattante riscaldando le abitazioni delle grandi città con energie rinnovabili. Non abbiamo altri cinque anni da perdere”.
Johnson cerca di trattare con gli ambientalisti per non perdere consenso
Gli ambientalisti britannici pur non avendo moltissima voce in Parlamento, possono puntare su un consenso popolare mai così alto e su un appuntamento strategico di importanza fondamentale: si tratta della prossima edizione della conferenza COP, la 26esima, che si terrà a novembre proprio sul territorio britannico, al SECC di Glasgow. È un evento che indubbiamente scatenerà molta attenzione nel Regno Unito costringendo forse Johnson a qualche compromesso in più. Johnson dovrà anche confrontarsi con parte della stampa britannica che ha sposato la causa dell’ambiente con molta attenzione.