Se il mondo della musica rock è stato forse il primo tra quelli artistici a schierarsi in modo compatto a favore di una politica ambientale più sostenibile, Hollywood è quello che si è accodato a ruota immediatamente dopo.
D’altronde così come la musica aveva creato il mito dei concerti di “No Nukes” piuttosto che le ricchissime compilation dedicate a Greenpeace, il cinema è riuscito in una delicata opera di sensibilizzazione con le proprie pellicole portando all'attenzione dei più il rischio del disastro climatico. La saga di Mad Max interpretata da Mel Gibson e poi soprattutto Kevin Costner che con “L’uomo del giorno dopo” (titolo originale “The Postman”) e “Waterworld”: tutte pellicole che ipotizzavano la devastazione del pianeta terra e la sopravvivenza di pochissimi uomini disperatamente a caccia di acqua potabile e carburante.
Hollywood e i primi film sul disastro climatico
Kevin Costner non si limitò a produrre il film, ne scrisse ampie parti e non solo i suoi dialoghi: “Volevo che il film interpretasse la mia paura per ciò che stavamo cominciando ad affrontare e a capire – dichiarò l’attore nel 2015, in occasione del ventennale della pubblicazione del film – oggi quella preoccupazione per il disastro climatico è ancora più evidente perché siamo tutti invecchiati con la consapevolezza che non è stato fatto molto e che determinati problemi li lasciamo irrisolti ai giovani che ci seguiranno”.
Fu proprio Kevin Costner, nota stella di Hollywood, a lanciare un messaggio importante dal film volendo che la nave che ospitava il suo nemico Diacono fosse la Exxon Valdez: lo si vede solo nella parte finale del film quando la gigantesca petroliera si inabissa. Il nome è lo stesso della cisterna che provocò uno dei più tragici disastri ambientali in Alaska nel 1989.
Blade Runner e la coscienza ambientalista di Rutger Hauer
Tantissimi sono gli attori e i registi che hanno abbracciato la causa ambientalista non solo su un piano pratico. “Blade Runner”, con il meraviglioso monologo di Roy Batty “siamo lacrime nella pioggia” interpretato da Rutger Hauer, recentemente scomparso, è stato spesso ripreso dalle campagne a favore dell’ambiente.
Hauer era un verde convinto: “Avrei voluto fare molto di più per una causa che non dovrebbe essere di qualcuno ma assolutamente comune a tutto il genere umano – dichiarò l’attore di origine tedesca in una delle sue ultime interviste, era il 2016 – gli esempi che il cinema ha lanciato non volevano essere una sceneggiatura ma un monito. Peccato che sia stato quasi completamente inascoltato”.
La coscienza collettiva del cinema americano si fa sempre più ampia
Un’altra delle frasi storiche di “Blade Runner”, inserita proprio per volontà di Rutger Hauer nello script era “Gli umani hanno rovinato tutto, hanno respirato troppo e strappato la vita alla terra, all’aria e al mare”. Parte di quel dialogo rimase anche nella stesura finale del film. Oggi sono molti i film che ipotizzano una fine della terra per mano dello stesso uomo: “Interstellar”, il sequel di Blade Runner.
Ma gli attori si sono resi conto che un impegno creativo non basta. La prima a scendere in campo con molta durezza con la politica degli Stati Uniti e del presidente Donald Trump, assolutamente intransigente a qualsiasi impegno in favore dell’ambiente è stata Jane Fonda. L’attrice, 81enne, che in passato si era schierata anche contro la guerra in Vietnam si è fatta arrestare alcuni mesi fa durante una manifestazione pubblica che ha portato in carcere altre quindici persone a Washington, non lontano dalla Casa Bianca. Poco dopo di lei anche la collega Sally Field è stata fermata.
L’esempio di Leonardo Di Caprio
Anche River Phoenix, morto giovanissimo e in modo tragico per overdose al Viper Room di Los Angeles a soli 23 anni, era stato fermato in due occasioni durante altrettante manifestazioni ambientaliste quando era all’apice della sua fama.
Il 2019 registra anche la discesa in campo di uno dei divi più amati di Hollywood, Leonardo Di Caprio: il premio Oscar ha detto come il cinema possa risvegliare le coscienze… “Un ottimo cartone animato – (l’attore si riferiva a Happy Feet) – non basta, forse occorre un grande film pop. Di sicuro l’industria americana non può continuare a inseguire il petrolio come l’unica risorsa possibile”. Di Caprio ha preso il suo ruolo molto sul serio: la home page della sua fondazione riporta diversi approfondimenti sulle emergenze climatiche e ambientali e una raccolta fondi mondiale.