Da tempo si parla dei rischi che l’innalzamento delle acque, anche quelle degli Oceano, potrebbero comportare per paradisi naturali come le Maldive o Mauritius che negli ultimi anni hanno investito moltissimo in strutture di ricezione turistica. Le Mauritius, appoggiate sul lembo estremo dell’Oceano Indiano e spesso al centro dell’emergenza tifoni e tsumami, secondo il World Risk Report dello scorso anno in questo momento rappresentano il sedicesimo elemento di rischio tra tutti i disastri naturali incombenti.
Un paradiso costantemente sotto l’attacco dei tifoni
L’arcipelago è un autentico paradiso che vive quasi esclusivamente di pesca, piccolo artigianato e turismo: un quarto del PIL del paese arriva dal turismo e da centinaia di migliaia di persone che volano fino qui per godersi una natura straordinaria e il panorama mozzafiato di montagne altissime, sabbia candida e acque cristalline protette dalla barriera corallina più bella del mondo.
Tuttavia le cose sono cambiate: già nel 2013 ci fu un primo elemento di preoccupazione quando undici persone restarono uccise in uno tsunami violentissimo e improvviso. Più recentemente il ciclone tropicale Enawo ha causato danni e provocato altre vittime nell’isola principale dell’arcipelago. I soccorsi sono stati totalmente presi di sorpresa: non si era mai visto un fenomeno così rapido, violento e aggressivo. Quest’anno il ciclone Gelena ha sfiorato Rodrigues Island e forse si è evitato il peggio anche se gli allagamenti ci sono stati e hanno provocato un black out di alcuni giorni e circa 500 senza tetto.
Le Mauritius hanno cambiato il loro DNA locale ed economico
Gli osservatori locali dicono che le spiagge si sono ritirate considerevolmente: l’Oceano si è preso almeno una decina di metri negli ultimi dieci anni. E se da una parte il turismo garantisce il 25% del benessere del paese, dall’altra bisogna dire che i disastri provocati dal clima sono costati anche di più. Industrie azzerate, sistemi di trasporto divelti, porti distrutti, una intera piccola economia completamente in ginocchio.
Ma il cambiamento climatico non è l’unico elemento di preoccupazione per Mauritius: turismo ha chiamato più persone in città lasciando abbandonate le campagne con ulteriori danni per l’ambiente. Di fatto molti direbbero che il paese si è evoluto, o civilizzato ma di fatto le Mauritius hanno perso gran parte della loro identità attraverso un’urbanizzazione troppo rapida e mal distribuita. Il che ha portato a un’insufficienza di infrastruttura, a una pessima gestione dell’acqua e ad allagamenti sia nelle città che in campagna.
Si studiano le contromisure per restituire spazio all’agricoltura
È il tipo di prezzo che pagano i paesi che grazie al turismo, o a un improvviso benessere determinato soprattutto dalla scoperta di risorse naturali nel sottosuolo si trasformano da un’economia povera e di sussistenza a una di classe media. Ma l’equilibrio di un ambiente così delicato non parla il linguaggio della borsa e sta presentando un conto estremamente salato.
Lo scorso agosto, su iniziativa del governo nazionale, le Mauritius hanno chiesto uno studio al Capacity for Disaster Reduction Initiative, un panel che si occupa di paesi in via di sviluppo e di progetti sostenibili per il clima. Undici esperti di vario settore dall’economia all’ingegneria, dall’ambiente ai trasporti, hanno redatto una serie di interventi necessari per fare in modo che l’arcipelago non faccia scelte sbagliate che potrebbero causare la sua stessa esistenza.
Si parla di ambulatori locali, di serbatoi di acqua pulita disponibili a ogni alluvione, quando il rischio più grande è quello igienico e di una massiccia campagna di sensibilizzazione su un’alimentazione varia e sana, a km.0 e “pulita”. Uno dei grandi problemi delle Mauritius è infatti la gastroenterite legata alla scarsa igiene con cui vengono conservati gli alimenti. Un piccolo passo ma importante per fare in modo che questo angolo di paradiso non rischi di scomparire nel modo peggiore.