A fronte di una situazione difficile che si sta evolvendo in modo sempre più preoccupante, con un progressivo abbandono delle terre coltivate e inutili migrazioni verso le città che diventano sempre più povere senza offrire alcuna alternativa, l’Africa cerca alternative difficilissime. Ma qualche esempio c’è e arriva da uno degli angoli più poveri del mondo. L’Africa sub-sahariana.
L’esempio delle tribù del Ghana in Africa
Il Ghana sub-sahariano ospita almeno una settantina di diverse tribù quasi interamente dedite all’agricoltura e alla pastorizia: si lavora non certo per guadagnare ma per sopravvivere e al massimo per qualche baratto. Nella poverissima regione dell’Odumase-Krobo sono molte le famiglie che hanno deciso, con fatica, di non lasciare i loro villaggi per spostarsi verso le città. Una scelta che è stata caldeggiata dai capi tra i quali Zogli che è impegnatissimo in una vera e propria battaglia culturale con i suoi stessi famigliari.
“Sto cercando di far capire loro che non è abbandonando la nostra terra che sopravvivremo ma solo cambiandola a poco a poco e adattandola così come noi dovremo adattarci a essa”. Il suo villaggio ospita un piccolo allevamento di polli e di capre: si coltiva soprattutto mais e si attende con pazienza la stagione delle piogge che arriva sempre più tardi. “Qui è sempre peggio ma in altri angoli del pianeta vivono il nostro stesso problema – dice Zogli – se oggi non soffri delle conseguenze del cambio climatico ti puoi considerare un privilegiato”. Una lettura corretta se si pensa ai problemi di Caraibi, Alaska, Groenlandia e Sud Pacifico: territori così diversi e che affrontano lo stesso dramma sia che vivano di pesca, caccia o coltivazioni. La terra offre sempre meno.
Quanto costa non rinunciare alle proprie radici
“Sono riuscito a fare arrivare qui qualche aiuto e a convincere le famiglie del mio villaggio e di quelli vicini che dovevamo andare avanti e fare la nostra parte per conservare la nostra cultura che fondamentalmente vive di agropastorizia da centinaia di anni – dice Zogli – è vero, abbiamo sempre meno risorse e purtroppo la terra si sta facendo sempre più arida ma abbiamo imparato molto su come ruotare le coltivazioni e far pascolare le greggi. Non sarà andandocene verso una vita che non fa parte della nostra cultura, in città, che ci salveremo”.
Una lezione che molti altri avrebbero forse dovuto seguire in tanti paesi, compreso il nostro, quando lo stipendio fisso sembrava essere l’illusione del benessere di fronte al lavoro dei campi. Anche in considerazione di questo esempio ci sono sempre più piccole comunità che hanno deciso di non spostarsi: accade in Cameroon, nel Niger, in Senegal e in Costa d’Avorio. Piccole macchie di ostinata coltivazione per combattere l’inaridimento della terra. Aspettando che i famosi aiuti perché l’Africa possa trovare la sua dimensione senza dovere migrare in massa, si concretizzino al di là delle parole.