A discapito di questi due termini che possono sembrare molto specifici e per quanto il tema sia talvolta piuttosto spinoso, spiegare l’obsolescenza programmata è molto semplice.
Ogni tecnologia, è composta da un hardware - la parte fisica del macchinario - e da un software, la parte che permette ad un impianto di funzionare correttamente.
Sembra che, in particolar modo nei prodotti o nei servizi virtuali più recenti, ogni cosa abbia una scadenza programmata, come se fosse prestabilita già in fase di costruzione.
Da diversi anni vige il sospetto che le aziende di prodotti tecnologici commerciali (quali smartphone, tablet e simili) facciano in modo che dopo un tot di tempo, questi diventino obsoleti, e quindi inutilizzabili.
Questa ipotesi è stata avvalorata da ingegneri meccanici e informatici come altamente possibile, e molte persone si sono subito rese conto della gravità della situazione, informandosi maggiormente a riguardo.
Talvolta, alcuni casi di obsolescenza programmata sono stati ammessi ufficialmente dalle stesse società che commerciano eventuali prodotti, analogici o digitali; infatti anche per gli elettrodomestici perdurano alcune diffidenze circa la loro qualità effettiva.
Ad aggiungere ulteriori titubanze, è il confronto con gli elettrodomestici che venivano commerciati in tempi passati e la loro durata decisamente più lunga. I pezzi di ricambio - quando un elettrodomestico che ha già qualche anno - sono spesso introvabili o poco convenienti, e costringono l’utente stesso a investire la stessa cifra in un apparecchio di ultima generazione. Ma, quanto durerà?
Da una parte, le aziende si difendono dicendo che la tecnologia continua ad avanzare continuamente e un software che ha sempre funzionato e in continuo aggiornamento potrebbe essere inutilizzabile per un apparecchio più datato.
Dall’altra riuscire a dimostrare come questa sia una realtà attuale per scopi di lucro è prerogativa di diversi stati, come ad esempio la Francia. Non è però altrettanto semplice dare prova tangibile di questa scappatoia.
Quali sono invece i passi avanti mossi in Italia?
La nuova campagna di Altroconsumo
“Prompt” è l’iniziativa mossa dall’Italia contro i sospetti di obsolescenza programmata sui prodotti.
È stata indetta dall’associazione italiana Altroconsumo, l'associazione più diffusa nella nostra nazione che tutela e difende i consumatori.
Sulla stessa piattaforma, è possibile reclamare qualora il consumatore avesse problemi un brand specifico: questa possibilità si trova nella sezione Vuoi fare un reclamo? > Reclama facile: indicando nell’apposita banda il nome dell’azienda, le richieste vengono controllate in un arco di tempo breve, e come indicato nelle statistiche presenti sul sito stesso, la maggioranza di queste vengono accolte.
È necessario però per questo passaggio essere in possesso del nome dell’azienda, o del numero della fattura. In alternativa si possono inserire i contatti dell’impresa, sia telefonici che telematici.
In questo modo è possibile segnalare i dispositivi che si rompono troppo presto, fornendo ad Altroconsumo dettagli più specifici e precisi sui prodotti malfunzionanti acquistati.
Un banale sospetto potrebbe portare a verifiche importanti circa le società e al loro modo di interfacciarsi con i propri clienti.
L’esempio passato della Francia
L’obsolescenza grava di molto sulla spesa pubblica, ed un paese che ha anticipato la nostra nazione con campagne contro questa tecnica è la Francia.
Anche la legislazione francese stessa, in riferimento a questo tema, è più avanzata ed ha rappresentato negli ultimi anni uno spunto per l’Europa intera.
Tutti i reclami dei prodotti raccolti negli ultimi anni hanno fatto sì solo recentemente che si pensasse ad un’etichetta specifica da apporre su di essi che garantisca la durata del prodotto, la possibilità di ripararlo e la robustezza dei dispositivi tecnologici.
Seguendo una scala di giudizio da 1 a 10, questo particolare progetto governativo potrà essere finalmente operativo dall’anno 2020.