L’aumento dell’energia proveniente dai combustibili fossili, la stessa energia che esce dalle prese della rete di casa nostra, sta incoraggiando nuove forme di auto-produzione. Ora, nel 2022, l’energia del fornitore nazionale, non è più una scelta scontata perché i consumatori si stanno organizzando per valutare degli impianti che sfruttino le energie rinnovabili che la Natura regala, soprattutto con gli impianti fotovoltaici e, in seconda battuta, quelli eolici.
Nell’evoluzione della sostenibilità, negli ultimi anni, si è cercato di condividere l’acquisto dell’energia prodotta all’interno di un gruppo di fruitori che decidono di creare una ‘comunità energetica’.
Che cosa è l’autoconsumo collettivo
Zygmunt Bauman, filosofo polacco scrisse: “La parola comunità esala una sensazione piacevole, qualunque cosa tale termine possa significare (…) Le compagnie e le società possono anche essere cattive, la comunità no. La comunità è sempre una cosa buona”.
Questo sistema, attivo dal 2020, permette di produrre energia elettrica da fonti di energia rinnovabile per poi consumarla per le proprie necessità, da parte di un gruppo di cittadini che condividono l’energia prodotta utilizzando la rete di distribuzione esistente, non come tradizionale singola unità abitativa o commerciale, bensì come comunità di soggetti differenti, aggregati da una scelta sostenibile e conveniente: gruppi di privati, enti, condomini, aziende, o in generale, soggetti che condividono uno stesso edificio.
In pratica, si creano spontaneamente comunità di soggetti che si associano per produrre, consumare e vendere energia rinnovabile.
Ogni utente dispone di un proprio contatore che è necessario per calcolare l’energia consumata, mentre per quantificare poi quanta energia venga immessa in rete serve un ulteriore contatore. L’energia condivisa per l’autoconsumo è definita, in ogni ora, come “il minimo tra la somma dell’energia elettrica immessa e quella prelevata dalla rete”. Tutta l’energia prodotta viene quindi riversata nella rete pubblica prima di essere prelevata dagli utenti.
Seguendo questa filosofia fondata su una gestione più pragmatica della produzione di energie rinnovabili, nascono così l’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche, la cui differenza principale riguarda la loro costituzione. Siamo in presenza di autoconsumo collettivo, quando si ha un singolo edificio che ‘ospita’ i pannelli fotovoltaici, collegati a una molteplicità di utenze, ad esempio un condominio o un centro commerciale. Siamo di fronte invece a una comunità energetica quando un gruppo di privati, enti, piccole/medie imprese o persone fisiche si costituiscono in forma giuridica per produrre e condividere energia.
Con la creazione di questi ‘villaggi solari’ siamo di fronte a una rivoluzione, a un cambiamento culturale e sociale: la collettività che, manifestando la propria potenza, decide di consumare meglio e consumare di meno, con un occhio alla eco-sostenibilità e un occhio alla bolletta.
Decreto sull’autoconsumo
Il Decreto MISE del 15 settembre 2020, che ha fatto seguito al Decreto Milleproroghe e alla delibera ARERA n. 318/2020/R/del del 4 agosto 2020, ha espresso le linee guida per le incentivazioni dei gruppi di autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche che si propongono di spingere la realizzazione di queste nuove tipologie di strutture basate su energia rinnovabile. Per l’autoconsumo collettivo, la tariffa stabilita è pari a 100 €/MWh.
Questo incentivo viene riconosciuto per un periodo di 20 anni ed è gestito direttamente dal GSE. L’impianto non deve superare una produzione di 200 kW. Inoltre, è cumulabile con l’ecobonus 110% che agisce sulla realizzazione di impianti fotovoltaici. Per usufruire di questi incentivi, l’impianto di autoconsumo deve necessariamente essere collegato alla rete nazionale.
Inoltre, il GSE ha realizzato un portale per informare i cittadini che volessero saperne di più sull’autoconsumo collettivo o sulle comunità energetiche, nel quale sono fornite indicazioni precise sulle possibilità di risparmio e su tutti gli incentivi.
Esempi di autoconsumo collettivo
In Italia, sono già una realtà concreta le prime unità di autoconsumo collettivo. E così da Nord a Sud prendono vita realtà virtuose di chi ha scelto di unirsi in comunità per risparmiare denaro sull’energia e consumare sostenibile.
Il documento ‘Electricity Market Report dell’Energy & Strategy Group’ del Politecnico di Milano prevede la nascita di circa 10mila comunità energetiche nei prossimi cinque anni. Di seguito alcuni esempi:
- In Sardegna, i Comuni di Villanovaforru e Ussaramanna, hanno scelto convintamente l’autoconsumo, creando due Comunità Energetiche Rinnovabili.
- In Sicilia, a Ragusa, dove grazie ad un fornitore nazionale e una banca del territorio è nato un progetto di autoconsumo collettivo. Il primo di una lunga serie, nell’isola del sole.
- A Magliano Alpi, in provincia di Cuneo, esiste una comunità energetica dal 2020. Sono stati realizzati 2 impianti fotovoltaici per una potenza totale di 40 kW, che servono sia edifici pubblici che privati.
- A Pinerolo, in provincia di Torino, è stato inaugurato il primo condominio in Autoconsumo Collettivo, 90% di autoconsumo con un impianto fotovoltaico da 20 kW.
- In Emilia-Romagna, in provincia di Bologna, si trova la comunità energetica di Pilastro-Roveri. L’installazione dell’impianto è avvenuta nel 2021 e la fase di ultimazione avverrà a fine 2022. Lì troviamo una potenza di utilizzo di 200 kW alla quale si abbina un sistema di immagazzinamento. Il territorio a cui si rivolge l’impianto copre 7.500 abitanti e un sito commerciale di 200.000 metri quadri.
L’Italia è certamente il Paese del sole, una terra privilegiata grazie all’enorme quantità di energia solare che la irradia. Nella nostra penisola, ogni anno, si producono oltre 20 TWh (20 miliardi di kWh) di potenza elettrica con il solare. I numeri sono già alti rispetto alla media europea ma il trend è destinato a salire poiché, oltre ai grandi parchi fotovoltaici, ogni cittadino da solo, o in comunità, ha l’opportunità concreta di diminuire la richiesta di energia fossile (per nulla sostenibile) alla rete.