Si sta registrando una vivace polemica di carattere politico in Galles dove fino a qualche mese fa il governo parlava di ‘emergenza climatica e ambientale’ ma in definitiva senza ricorrere ad alcuna contromisura, scatenando la protesta da parte degli ambientalisti locali riguardo l'emergenza climatica.
Galles, il regno inquinato del Regno Unito
“Gli ambientalisti nel Regno Unito esistono, ma non votano ambientalista”: la dichiarazione di Boris Johnson immediatamente prima delle elezioni che lo hanno riconfermato con un plebiscito capo del governo, per quanto provocatoria, sembra corretta. In tutto i ‘verdi’ britannici sono riusciti a ottenere solo un seggio e di fatto, a livello parlamentare, non esistono.
Quanto all'atteggiamento di Johnson sotto l’aspetto della tutela dell’ambiente e dell’attenzione alla politica per il controllo del riscaldamento globale si è già scritto: la Gran Bretagna ha altre priorità sia industriali che commerciali e “per quanto preoccupato dalla situazione generale del clima in questo momento devo tenere in equilibrio altri fattori”, disse Johnson subito dopo la rielezione, incassando le proteste degli ambientalisti britannici di fronte al suo programma davvero poco incisivo nella lotta ai problemi di inquinamento e di clima.
Le promesse fallite del ministro gallese sull'emergenza climatica
In Galles, evidentemente, devono essersi adeguati: come noto il sistema britannico prevede che i territori siano governati a livello centrale da Londra ma che ognuno di essi abbia la propria politica e programmazione a livello locale. L’assemblea gallese sul clima, riunitasi a Cardiff a dicembre, ha espresso un documento molto critico nei confronti del governo nazionale accusato di avere gridato all’allarme ma di non avere fatto nulla, solo per accaparrarsi le simpatie di Johnson.
Era stata il ministro per l’ambiente Lesley Griffiths a parlare di emergenza climatica fin dall'aprile scorso sostenendo che anche il Galles aveva una pistola alla tempia. Il paese come noto vive soprattutto del lavoro delle miniere di carbone, ancora estremamente attive. La Griffiths aveva presentato un programma di 100 punti per ridurre considerevolmente le emissioni e l’impatto ambientale delle aziende più inquinanti del paese (che è anche il più inquinato del Regno Unito) ma fin qui le iniziative sono rimaste lettera morta.
Anche il Galles ha aderito al patto ‘zero emissioni’ entro il 2050 ma i suoi numeri sono in effetti disastrosi e le aziende più inquinanti, per altro, sono proprio quelle controllate dallo stato: centrali elettriche, miniere, cantieri e acciaierie. Troppi compromessi da risolvere in troppo poco tempo evidentemente: ma gli ambientalisti gallesi non hanno per nulla gradito e hanno duramente attaccato il governo e il suo ministro per l’ambiente che tuttavia, senza avere replicato, per ora rimane al suo posto.