p>Ormai tutti conoscono la genesi e la pericolosità dei cosiddetti gas serra (in inglese Greenhouse Gas): la loro crescita è direttamente proporzionale all’attività industriale e al riscaldamento ma anche all’allevamento. Abbattere i gas serra era una delle priorità che fin dal protocollo di Kyoto i grandi della terra si erano imposti per difendere l’ozono ed evitare il fenomeno del riscaldamento globale del globo. Posizioni nobili e lungimiranti che fino a questo momento sono state mantenute solo parzialmente per tollerare il peso di grandi gruppi industriali e aziende globali.
Un aumento sensibile dei nostri gas serra
In Italia la quantità e la densità dei gas serra viene costantemente tenuta sotto controllo dall’Ispra, il centro studi del Ministero dell’Ambiente che ogni tre mesi redige e pubblica un bollettino in tal senso. Dal luglio al settembre di quest’anno l’Italia ha visto aumentare il suo PIL dello 0.3% ma, per contro, è aumentata anche l’intensità delle emissioni dei gas che rispetto al 2018 è cresciuta dello 0.6%.
Se da una parte il comportamento dei cittadini sembra essere più sensibile e accorto sotto l’aspetto dei consumi e delle abitudini, dall’altra questi atteggiamenti non bastano ad abbassare una soglia che è ancora troppo alta e che l’Italia aveva promesso di abbassare ulteriormente prima del 2020. Rispetto allo scorso anno sono diminuiti i dati del consumo di carburante da autotrazione (-0.1%) e di combustibili fossili per il riscaldamento domestico (-0.4%) ma è considerevolmente aumentato il consumo di combustibili per la produzione di energia elettrica. Di qui l’aumento.
Cosa sono e come nascono i gas serra
I gas serra sono fondamentalmente cinque: il vapore acqueo, l’anidride carbonica (prodotta in particolare dalle combustioni e dai grandi allevamenti oltre che dalla presenza dell’uomo nei grandi agglomerati urbani), il metano, l’esafluoruro di zolfo e il protossido di azoto. Ci sono poi gas ancora più pericolosi e incisivi che sono di fatto un esclusivo prodotto dell’attività industriale umana, sono i cosiddetti gas alogenati, o alocarburi, tra i quali i più conosciuti sono i clorofluorocarburi (CFC, quelli che alimentano i nostri apparecchi frigoriferi e i condizionatori). Il Protocollo di Montreal sotto questo aspetto è stato molto utile per fare chiarezza sulla loro pericolosità e su quelli che sono i rischi di un’attività industriale fuori controllo.
Il rischio dell’aumento esponenziale di N2O
Una recente pubblicazione ha cercato di sensibilizzare i governanti di tutto il mondo sulla crescita esponenziale del protossido di azoto. Molti lo conoscono come gas esilarante per il suo effetto euforizzante che lo impone in ambito medico e dentistico come anestetico. In realtà il protossido di azoto è diventato il terzo gas serra più esposto dopo l’anidride carbonica e il metano, uno dei più aggressivi nei confronti dell’ozono.
In una ricerca pubblicata su Nature Climate Change la dottoressa Rona Thompson ha spiegato che la crescita della presenza nelle misurazioni del protossido di azoto è diventato un rischio:“Le emissioni di N2O sono considerevolmente aumentate negli ultimi due decenni, ma soprattutto dal 2009 in poi – dice la ricercatrice – siamo molto al di là di quanto stabilito dall’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change”.
Il forte incremento di azoto deriva soprattutto dalle industrie agroalimentari e dagli allevamenti. I fertilizzanti a base di azoto garantiscono raccolti più ricchi, soprattutto di soia, frumento ed erba per l’alimentazione animale: “Il che significa produrre più cibo – sottolinea Rona Thompson – ma anche una consistente destabilizzazione dell’ozono”
Si è calcola che in meno di cinque anni le emissioni di N2O siano aumentate quasi del 15% solo per via dell’utilizzo industriale di concimi azotati e letame arricchito.