È passato un po’ di tempo da quando, una quarantina d’anni circa, la Piana di Pisa venne definita la piccola Islanda italiana per via delle sue notevoli potenzialità geotermiche, appoggiate sotto un ampio strato calcareo intorno ai 600 metri di profondità nella zona di Cisanello. Acqua calda gratis con sacche anche oltre i 120-130° di temperatura e una grandissima vasca a 50°. Da allora di impianti geotermici ne sono nati parecchi. Qualcuno sostiene siano pure troppi.
Impianti geotermici in Toscana: mezzo secolo di storia
Da allora dunque si è fatta parecchia strada, anche se molto meno di quella che è stata percorsa in Islanda dove le soluzioni geotermiche rappresentano uno degli asset industriali più attivi e remunerativi del paese. La provincia di Pisa ha Larderello che, da sola, rappresenta comunque quasi un decimo della capacità di produzione geotermica del pianeta. Ma sulla possibilità di creare nuovi impianti geotermici la provincia toscana fa registrare anche parecchie voci di dissenso.
Il rischio – secondo molti politici – è quello di trasformare il territorio in un grande “groviera” di tubazioni, scavi, carotature, pompe e drenaggi rendendo impossibile qualsiasi altro sfruttamento, a cominciare da quello del settore agroalimentare. Il capogruppo di Sì-Toscana a Sinistra Tommaso Fattori ha voluto spiegare una posizione molto rigida: “Fin dall’inizio della legislatura – spiega Fattori – abbiamo chiesto che si regolamentasse in maniera stringente la collocazione degli impianti geotermici nel territorio attraverso l’individuazione di aree non idonee, così come avviene nel PAER per le altre fonti di energia rinnovabile”. Il senso è continuare a perseguire qualsiasi opportunità percorribile che crei progresso e occupazione ma non a rischio di sicurezza o equilibrio idrogeologico e ambientale.
Concessioni per nuovi impianti geotermici troppo facili
In questo momento la provincia di Pisa è sicuramente quella più attiva sotto l’aspetto dello sfruttamento geotermico con gli impianti di Val di Cornia, Val di Cecina, Val d’Orcia e dell’Amiata; una produzione che è aumentata sensibilmente nel corso degli ultimi anni e sul quale molti comuni hanno deciso di investire variando quella che era la loro iniziale declinazione al turismo piuttosto che alla coltivazione o all’allevamento.
“Ma le concessioni sono state troppe e spesso anche poco motivate – prosegue Fattori – si sono concesse autorizzazioni a nuovi impianti come se nulla fosse mentre i territori dovrebbero poter decidere qual è la loro vocazione e nella definizione delle aree che vengono considerate non idonee la volontà delle comunità locali dev’essere considerata un aspetto vincolante”.
Proteste per impianti nuovi troppo invasivi anche dalla popolazione
Voci di dissenso ci sono: per esempio a Montecastelli è stata data la concessione per la realizzazione di un impianto a poca distanza da uno splendido borgo antico che accoglie molti turisti. Gli abitanti di Montenero d’Orcia hanno avviato una raccolta di firme per manifestare contro un altro impianto destinato a sfruttare una sorgente di acqua calda a 600 metri di profondità a poca distanza dalle vigne protette del Brunello e della pregiatissima produzione di olio d’oliva. La protesta non è contro le sorgenti geotermiche ma contro il loro sfruttamento troppo invasivo che rischia di snaturare la straordinaria bellezza di un paese che è già ricchissimo di risorse naturali e ambientali.
Le potenzialità della Piana di Pisa tuttavia ci sono, e sono notevoli anche se in un contesto paesaggistico di grande rilievo e in qualche caso protetto sia dalle autorità italiane che da quelle dell’Unesco. A oggi gli impianti geotermici possono essere sfruttati per la produzione di acqua calda da riscaldamento o con un sistema binario anche per la produzione di energia elettrica, soprattutto in zone come quella di San Cataldo dove la capacità di estrazione è davvero consistente, oltre 200 tonnellate all’ora.