Il termovalorizzatore è un impianto in grado di smaltire i rifiuti mediante un processo di combustione, che si verifica ad una temperatura compresa tra gli 850°C e i 1050°C.
Composto da un forno, dove vengono bruciati i rifiuti, da una caldaia, nella quale l’acqua viene scaldata con il calore prodotto precedentemente e una turbina, azionata dal vapore ottenuto scaldando l’acqua, l’impianto trasforma l’energia termica in energia elettrica.
In Europa, i termovalorizzatori attivi sono più di 350, distribuiti in 18 nazioni. Questi impianti di termovalorizzazione o incenerimento sono in alcuni casi inseriti anche in contesti urbani, come nel caso di Vienna, Parigi, Londra, Copenaghen, Montecarlo, Amburgo e Amsterdam.
In Giappone, a Hiroshima, il termovalorizzatore “Naka Incineration Plant” sorge quasi sul mare, a fianco del museo che ricorda la tragedia causata dalla prima bomba atomica. Esso, oltre a smaltire rifiuti, produce energia utile ad alimentare le auto, a scaldare l’acqua della piscina di Yoshijima e la casa di riposo.
In Canada, invece, a Montréal, l’impianto tecnologico che sfrutta l’energia dei rifiuti, costruito alla fine degli anni ‘20, ha permesso ai cittadini di abolire i piccoli inceneritori domestici, ormai pericolosi e obsoleti. Ricostruito e ammodernato nel 1970, l’impianto è stato poi chiuso nel 1993.
Quanto sono sicuri i termovalorizzatori?
I pareri sull’utilità e l’efficacia dei termovalorizzatori sono piuttosto discordanti. Oggi, in Italia, la maggior parte dei rifiuti prodotti viene portata in discarica, raggiungendo una percentuale nazionale, facendo una media raccogliendo dati tra le varie grandi città, che si aggira intorno al 75%.
Per ridurre il volume di spazzatura giunta alle discariche sono, quindi, necessari i termovalorizzatori. Ma si tratta di un sistema che funziona davvero? Che cosa sono i termovalorizzatori e qual è il loro impatto sull’ambiente?
Per approfondire meglio questo tema, è necessario conoscere i rischi legati allo smaltimento dei rifiuti semplici e dei rifiuti pericolosi. Nel giugno del 2017, i 53 Paesi membri dell’OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità - hanno inserito fra le priorità mondiali il tema dei rifiuti pericolosi e dei siti contaminati.
L’agenzia mondiale ha rilevato che sarà sempre presente una quota di immondizia da smaltire e, per l’ambiente e per l’umanità, è preferibile che ciò non avvenga all’interno di discariche, ma all’interno di inceneritori di nuova generazione o termovalorizzatori.
Nelle discariche, che sono vecchie cave impermeabilizzate, i rifiuti vengono compattati sotto forma di numerosi strati e il liquido generato dalla loro decomposizione, se non viene trattato adeguatamente in impianti di depurazione, rischia di inquinare le falde acquifere.
Gli inceneritori nati negli anni ‘50 e ‘70 bruciavano materiali eterogenei e rilasciavano dai camini grandi quantità di emissioni, formando e disperdendo nell’aria diossine, sostanze cancerogene capaci di determinare un inquinamento cronico.
I termovalorizzatori o inceneritori moderni, invece, se ben controllati hanno un impatto molto più basso sulla salute delle persone e, di conseguenza, sull’ambiente.
Termovalorizzatore: il funzionamento
Capace di generare energia dai rifiuti, termovalorizzatore è una tipologia di inceneritore nel quale il calore generato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato per produrre vapore, utilizzato in seguito per la produzione diretta di energia elettrica.
Come funziona il termovalorizzatore? Il funzionamento termovalorizzatore è legato a un processo preciso di termovalorizzazione, che si basa su un sistema formato da una griglia mobile raffreddata ad acqua, alla quale viene integrata una caldaia per la produzione di vapore acqueo, che sfrutta a sua volta il calore sprigionato dai rifiuti a seguito della loro combustione.
Il sistema di depurazione dei fumi si svolge su un ulteriore sistema “a secco”, che non consuma acqua, né produce reflui liquidi di processo, sfruttando l’iniezione di carboni attivi, bicarbonato di sodio e calde idrata.
Il monitoraggio costante dei fumi di combustione consente un intervento tempestivo sui dosaggi e un’ottimizzazione sull’utilizzo di reagenti per l’abbattimento degli inquinanti.
Cosa usa un termovalorizzatore per produrre energia? La vera e propria produzione di energia elettrica avviene incanalando l’espansione del vapore prodotto dalla caldaia in un turbo gruppo, dove il ciclo termico di tipo rigenerativo sfrutta una turbina a condensazione.
Infine, le scorie del processo di incenerimento vengono raccolte e inviate ad appositi centri di trattamento, nei quali vengono recuperate per la produzione di cemento, sotto forma di materiale ferroso. Il restante 10% va in evaporazione dell’acqua: tutto ciò assicura che nulla finisca in discarica.
Termovalorizzatore e inquinamento
I termovalorizzatori inquinano? Per quanto riguardo lo smaltimento ceneri termovalorizzatori, le scorie di combustione, pari al 20% circa del materiale inviato ad incenerimento, dopo essere state raffreddate, vengono raccolte in una fossa di stoccaggio dedicata, dalla quale poi sono inviate ad appositi centri di trattamento.
Di queste è possibile recuperarne l’80% per la produzione di cemento e un 10% sotto forma di materiale ferroso. Un restante 10% è costituito da perdita d’acqua.
Le ceneri volanti e i residui solidi della depurazione fumi, pari a circa il 3,5% del peso del materiale inviato ad incenerimento, vengono invece destinate a smaltimento in discarica.
Per garantire un rispetto del termovalorizzatore impatto ambientale, inoltre, all’impianto è richiesto di rispettare limiti ancora più stringenti in confronto ad altre strutture.
Termovalorizzatore: pro e contro
Come per ogni impianto che abbia a che fare con lo smaltimento dei rifiuti, anche per il termovalorizzatore esistono vantaggi e svantaggi.
I pro e contro termovalorizzatore possono essere riassunti in questo modo, distinguendo che i pro sono dal fatto che:
- I termovalorizzatori rappresentino una valida alternativa alle discariche, che generano problematiche relative all’inquinamento del territorio e delle falde acquifere;
- I termovalorizzatori siano costantemente monitorati;
- I fumi sprigionati nell’ambiente dai termovalorizzatori siano meno nocivi che in passato;
- I moderni termovalorizzatori riescano a ricavare energia elettrica direttamente dalla fase di combustione, ottenendo un recupero di energia.
I contro, invece, ricordano che:
- L’energia ricavata da un termovalorizzatore è di gran lunga inferiore al rendimento di qualsiasi centrale elettrica tradizionale;
- Nonostante esistano moderne tecnologie di controllo e filtraggio, nei fumi in uscita sono contenute particelle talmente piccole da sfuggire ai filtri;
- Tra i rifiuti bruciati nei termovalorizzatori è possibile che finiscano materiali che, una volta inceneriti, possono rilasciare inquinanti pericolosi per la salute delle persone e dell’ambiente;
- Tutto il sistema di smaltimento si rivela piuttosto costoso.
Differenza tra inceneritore e termovalorizzatore?
Inceneritore o termovalorizzatore?
Secondo il professor Grosso, docente del Politecnico di Milano, “non è necessario distinguere gli inceneritori dai termovalorizzatori, poiché nei moderni impianti di termovalorizzazione avvengono tutte e due le fasi”. Essi, infatti, bruciano l’indifferenziato, valorizzandolo e producendo tramite esso energia, il tutto rispettando la normativa europea.
Alternativa ai termovalorizzatori
Sono numerose le città che ogni anno cercando alternative valide agli impianti di termovalorizzazione.
Una tra queste può essere rappresentata dalla riduzione di rifiuti; Berlino, ad esempio, è riuscita in sei mesi a tagliare la sua produzione del 50%.
Promuovere abitudini di riuso e incentivare il vuoto-a-rendere possono essere soluzioni alternative, che necessitano, però, di adeguate strutture facilmente accessibili a tutti.
Il compostaggio rappresenta un’alternativa adeguata, che unita al porta a porta può permettere un riciclo totale dei rifiuti dell’80%.
Un’ulteriore alternativa all’incenerimento può essere il trattamento TBM a freddo: la parte non riciclata può essere trattata con il Trattamento Meccanico Biologico a freddo.
Le fasi che compongono il TBM sono due: la prima attua un processo meccanico che permette un’ulteriore differenziazione dei rifiuti; mentre la seconda, che prende il nome di “biologica” ha lo scopo di stabilizzare la frazione organica e renderla impiegabile per usi non agricoli, o come materiale utile al recupero paesaggistico di aree degradate, a riempire manti stradali o vecchie cave.